La nota espressione “roulette russa” utilizzata per la prima volta in ambito letterario è diventata di uso comune per indicare una scommessa folle dagli esiti fatali.
La “roulette russa”, utilizzata in altri tempi come forma di duello fra ufficiali e aristocratici della Russia zarista, è un’espressione che è entrata nel linguaggio comune per indicare una scommessa rischiosa, quasi impossibile.
In pratica, è un gioco d’azzardo che fa riferimento alla ruota dei casinò e alle scommesse sul possibile risultato. Essa consiste nell’inserire un solo proiettile in una rivoltella, ruotare rapidamente il tamburo e poi puntare l’arma verso la propria testa e tirare il grilletto. Se la camera di scoppio è vuota, l’arma passa a un altro partecipante al gioco e si fa di nuovo ruotare il tamburo; l’operazione si ripete fin quando il colpo va in canna e la pistola spara.
Il numero di proiettili nell’arma può variare, ma deve sempre esserci almeno una camera vuota nel tamburo.
Sembra che, la prima traccia dell’espressione “roulette russa” si riscontri nel racconto “Il fatalista” (1840), contenuto nella raccolta “Un eroe del nostro tempo” del poeta e scrittore russo Michail Lermontov (1814 – 1841).
Nel racconto, ambientato in un villaggio cosacco, il protagonista, Grigorij Alexandrovich Pechorin, sostiene che non esiste la predestinazione e per dimostrarlo propone una scommessa, mettendo su un tavolo una ventina di pezzi d’oro. Un tenente dei dragoni dello zar, Vulič, uomo di origini serbe, amante del gioco d’azzardo, accetta la sfida. L’uomo afferra a caso una delle pistole di vario calibro dal suo chiodo, la arma e poi versa la polvere da sparo sul piatto. Nessuno sa se la pistola è carica o meno, poi chiede: “Signori! Chi paga venti pezzi d’oro per me?” puntandosi la canna della pistola sulla fronte. Infine, esorta Grigorij a lanciare una carta in aria e quando questa tocca terra tira il grilletto. L’arma non spara, ma quando Vulič riprende la pistola in mano e la punta contro un berretto di servizio appeso sopra la finestra, parte un colpo e il fumo riempie la stanza.
Un’altra ipotesi sostiene che l’espressione “roulette russa” sia impiegata per la prima volta in un racconto del 1937 dal titolo omonimo, dello scrittore americano George Surdez (1900 – 1949), pubblicato sulla rivista “Collier’s Magazine”.
Surdez fa raccontare al sergente Burkotvski che, intorno al 1917, quando per l’esercito russo in Romania le cose non si stavano mettendo bene, al punto che gli ufficiali sentivano che stavano perdendo prestigio, denaro, famiglia e paese, e in più erano anche disonorati di fronte ai loro colleghi degli eserciti alleati, qualche ufficiale tirava fuori all’improvviso la sua rivoltella, ovunque, a tavola, in un caffè, a una riunione di amici, estraeva una cartuccia dal cilindro, poi lo faceva girare, lo rimetteva al suo posto e infine, si puntava la pistola alla testa e premeva il grilletto.
Per quanto riguarda i giornali, l’espressione “roulette russa” risale al 1938.
Si tratta di resoconti che parlavano di giovani uomini che si cimentavano in tale pratica, spesso in contesti di festa e con fidanzate o mogli inorridite che assistevano.
Il primo caso sembra essere quello di un ex studente di giornalismo di Austin, in Texas, come riferito da “The Austin Statesman” e da altri giornali texani dell’8 gennaio 1938.
Successivamente, l’espressione è diventata una metafora per indicare l’assunzione di rischi avventati e il suo uso è aumentato notevolmente nei reportage di diplomazia, politica, economia, medicina e sport.
La roulette russa ha avuto un notevole impiego in ambito cinematografico. Ne troviamo diversi esempi: nel film diretto da Michael Cimino (1939 – 2016) “Il cacciatore” (1978); in “Sonatine” (1993) di Takeshi Kitano (1947), dove la roulette russa è praticata dalla banda della yakuza; in “13 Tzameti” (2005) di Géla Babluani (1979); nel film “Per un pugno nell’occhio” (1965) di Franco (1928 – 1992) e Ciccio (1922 – 2003); in “Intacto” (2001), film spagnolo, diretto da Juan Carlos Fresnadillo (1967); in “Airbag tre uomini e un casino” (1997), film di genere azione, commedia, poliziesco di Juanma Bajo Ulloa (1967), contiene una scena divertente con una roulette russa; in “Irrational Man” di Woody Allen (1935); in “Codice omicidio 187” (1997), diretto da Kevin Reynolds (1952); in “Banzai” (1997) di Carlo Vanzina (1951 – 2018).
Anche la televisione non si è fatta mancare scene di roulette russa, nei più vari contesti: in “Romanzo criminale – La serie” (prima stagione, decimo episodio); in “Gomorra – La serie” (prima stagione, sesta puntata); ne “I racconti della cripta” (seconda stagione, terzo episodio); ne “La casa di carta” (seconda parte); in “Peaky Blinders” (terza stagione, quarto episodio); in “One More” (decima stagione di “The Walking Dead”); nell’episodio “Partita speciale” (sesta stagione de “L’ispettore Coliandro”): in “Gotham”, (quinta stagione, terzo episodio).
Anche nei videogiochi compaiono riferimenti alla roulette russa, ad esempio, nel finale di “Metal Gear Solid 3: Snake Eater”; in “Danganronpa 2: Goodbye Despair”; in “Detroit: Become Human”; in “Call of Duty: Black Ops Mason”.