In Lazio forse non tutti sanno che, in un monastero, sono state trovate intatte delle Monache di 400 anni fa.
Ebbene sì, nel 1963 di seguito ad alcuni lavori di ristrutturazione del Monastero di Fara Sabina, vennero rinvenuti i corpi, ancora bene conservati,
di 17 monache totalmente mummificate e per nulla danneggiate nè dal tempo nè tantomeno da un bombardamento della Seconda Guerra mondiale.
Cosa ci facevano lì? E come mai furono trovate perfettamente intatte o quasi?
Un editto fondamentale, quello di Saint Cloud del 1804 fu decisivo per quanto concerne le norme cimiteriali,
a partire dalla Francia (tale editto fu infatti emanato da Napoleone:
le tombe dovevano essere poste al di fuori delle cinte murarie in luoghi consoni
in modo tale da garantire condizioni igienico-sanitarie civilizzate.
Un editto che, ovviamente aveva risvolti politici ed ideologici: non sarebbe stata più la chiesa a decidere in merito ai campisanti.
Nella specifica situazione delle monache clarisse, all’epoca il convento si vide costretto
a esumare i corpi ospitati entro il cimitero privato per trasportarli in città.
Nel momento del disseppelimento però, trovarono quei 17 corpi integri sia per quanto riguarda
il vestiario che la muscolatura: si decise dunque di tenerli nascosti entro il monastero così da conservali in modo ottimale.
Nel secondo dopoguerra, di seguito ai bombardamenti, una porzione del monastero venne distrutta e si decise, anni dopo, di ristrutturarlo:
fu allora che quei 17 corpi vennero ritrovati e riportati alla luce, nascosti dentro le mura.
Di seguito ad alcuni accertamenti per mezzo della tecnica del carbonio 14 – stesso metodo utilizzato per analizzare il reperto della Sindone –
si potè confermare che le monache vissero nel XVII secolo e che probabilmente,
essendo antiche quanto il Monastero, ne potessero essere anche le fondatrici.
Dal 1994 le consorelle posero entro teche di vetro appositamente create per loro,
le 17 suorine rivestite con gli abiti d’ordine visto il perfetto stato conservativo.