La dimora eterna della piccola Rosalia Lombardo, fa da scrigno anche ad altre storie, legate al passato di Palermo e alle tradizioni funerarie della città.
Le Catacombe dei Cappuccini (o altresì “Catacombe di Palermo”) nacquero per volere dei Frati Cappuccini, giunti nella città siciliana nel 1534,dopo aver preso in affidamento la Chiesa di Santa Maria della Pace.
Negli anni, dopo aver gestito il restauro della chiesa e del convento, ci si rese conto che la gestione delle sepolture al di sotto della Chiesa doveva essere riorganizzata.
Inizialmente, le sepolture erano gestite accatastando le salme in una fossa comune. Negli anni si decise dunque di realizzare una sepoltura più dignitosa per i confratelli defunti già presenti nei sotterranei.
La fossa comune contenente circa una quarantina di salme venne riaperta e, con decisa sorpresa, ci si rese conto che questi corpi erano ancora in ottimo stato conservativo: si erano difatti mantenute integre le spoglie, le vesti e..la barba ed i capelli!
Le Catacombe nacquero dunque ufficialmente nel 1599, ed il primo ad esservi riposto fu Fra’ Silvestro da Gubbio, mummificato (e non imbalsamato).
I Frati progettarono quindi delle stanze apposite per riporvi anche le mummie imbalsamate, attraverso processi all’avanguardia per l’epoca, e conservarle al meglio.
A partire dal 1601, visto l’elevato numero di richieste di sepoltura anche da parte dei più abbienti, l’area cimiteriale venne ampliata.
Negli anni, non vi trovarono sepoltura solo i confratelli ma anche ai più abbienti, ovvero a coloro che sii potessero permettere il costoso processo di imbalsamazione, garantendosi in tal modo una visibilità “eterna”.
Il visitatore deve ricordarsi sempre di essere un ospite entro questi spazi, non trattandosi certo di un luogo di intrattenimento. Ma, soprattutto, è sconsigliato a coloro che in realtà sono facilmente suggestionabili.
Le salme trovano, ognuna, un posto dedicato entro queste catacombe: le donne da una parte, gli uomini invece riposti in una sezione altra: tra abiti sontuosi ancora straordinariamente conservati, divise militari, ricami e calzari che ci riportano alle mode passate.
Dopo le donne e gli uomini, la sezione creata per i bambini, ma anche la presenza di personaggi illustri del palermitano, tra cui Antonino Prestigiacomo: il famoso “dongiovanni” che, a ben osservarlo, conserva ancora bene le capsule vitree negli occhi (cosìcchè potesse guardare ancora le belle donne!).
Prestigiacomo non risulta però essere l’unica mummia a cui siano stati applicati trattamenti di “bellezza” post-mortem: numerosi, entro le catacombe, gli esempi in cui il visitatore può imbattersi.
Vi è poi il corridoio dei “Professionisti” tra pittori, teatranti, ma anche borghesi emergenti e..un colatoio, ancora oggi visibile, il cui scopo era proprio l’essicazione naturale del cadavere.
L’imbalsamazione vera e propria richiedeva pazienza e maestria: dopo aver espiantato gli organi dalle salme, i cadaveri rimanevano in stanze create appositamente per l’essicazione e, dopo circa un anno, puliti con una soluzione di aceto e acqua o, in casi epidemici, con acqua di calce o arsenico.
Successivamente a tale processo, i corpi erano dunque impagliati e vestiti in abiti fastosi, così da poter essere esposti e osservati.
Negli anni le tecniche vennero sempre più affinate, attraverso formule chimiche decisamente all’avanguardia, come si è visto nel caso della piccola Rosalia.
Sembra, inoltre, che in passato le Catacombe di Palermo fossero luogo non solo di preghiera (e di colloquio) con i propri defunti: sembra che alcuni vi si ritrovassero per condividere, insieme al defunto, delle pietanze, così da continuare a goderne della compagnia.
Credits: Wikipedia – “Amore e Morte”, Calcedonio Reina, (1881, olio su tela).Catania, Museo Civico Castello Ursino.