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Io Vento e le Creature Invisibili

Dopo aver attraversato montagne, mari e valli, mi fermai in un luogo che spesso passava inosservato. Era un mondo in miniatura, popolato da creature che nessuno sembrava notare, ma che erano altrettanto importanti quanto i giganti della Terra…. Insetti, muschi, licheni, batteri: la vita invisibile, microscopica e spesso dimenticata.

Mi mossi leggero tra le foglie cadute, tra il suolo umido e l’aria sospesa, e ascoltai le voci sottili e delicate di queste minuscole creature. Non erano grandi né forti, ma la loro presenza era ovunque, nascosta alla vista eppure imprescindibile per l’esistenza di tutto ciò che viveva sopra di loro.

“Chi siete?” sussurrai, curioso di scoprire la loro storia.

Una piccola colonia di licheni, ancorati a un vecchio tronco in decomposizione, rispose con un mormorio tenue ma persistente.

“Siamo i tessitori silenziosi del mondo. Senza di noi, nulla potrebbe crescere, nulla potrebbe nutrirsi. Siamo i primi a colonizzare la roccia nuda, a spezzarla, a creare la terra su cui tutto cresce. Ma nessuno ci vede. Nessuno ci ringrazia.”

Io vento, che avevo assistito alla maestosità delle montagne e alla vastità degli oceani, mi resi conto che questi piccoli esseri, ignorati da molti, erano il fondamento della vita sulla Terra. Ogni battito d’ali di un insetto, ogni spora di un fungo che si disperdeva nell’aria, ogni batterio che decomponeva la materia organica, contribuiva a un ciclo eterno di morte e rinascita. Mi resi conto che anche quel mondo nascosto stava cambiando. Avevo portato con me non solo il profumo dei fiori e delle foreste, ma anche il veleno invisibile dei pesticidi e l’inquinamento che l’uomo disperdeva nell’aria. Sentivo la sofferenza degli insetti, la debolezza dei muschi, la lenta agonia dei batteri nel suolo avvelenato. E fu in quel momento che provai un senso di colpa.

Mi rivolsi a un piccolo coleottero, la cui corazza un tempo lucida e vivace ora appariva opaca e fragile.

“Ho portato con me la pioggia, il sole e il fresco della sera. Ma so di aver anche portato il veleno che ti sta uccidendo. Raccontami la tua storia.”

Il coleottero emise un suono basso, simile a un gemito.

“Vento, tu sei stato per noi un alleato e un nemico. Grazie a te, possiamo spostarci, trovare nuovi luoghi dove vivere, nuovi fiori da impollinare. Ma ora, trasporti con te sostanze che non comprendiamo. Ci posiamo su fiori che ci uccidono, mangiamo foglie che ci avvelenano. Non capiamo cosa stia succedendo, ma sentiamo che il nostro mondo sta morendo.”

“Non è stata mia intenzione,” risposi, pieno di rimorso. “Io trasporto ciò che trovo. Non scelgo cosa portare.”

Un minuscolo fungo, la cui rete di ife si espandeva sotto il terreno, parlò con una voce più profonda e antica.

“Non è solo colpa tua, Vento. L’uomo, con i suoi pesticidi e i suoi veleni, ha cambiato le regole del gioco. Ha alterato l’equilibrio, rendendoci deboli, vulnerabili. Una volta eravamo i custodi del suolo, decomponendo ciò che moriva per nutrire ciò che vive. Ma ora, i nostri cicli sono interrotti, le sostanze che avvelenano la terra non si decompongono più.”

Quelle parole mi fecero riflettere, sentendo il peso della responsabilità.

“Sono solo un messaggero, ma ora vedo il danno che ho contribuito a portare. Raccontatemi di voi, perché forse, ascoltando le vostre storie, l’umanità potrà capire.”

Un alveare di api, nascosto tra i rami di un albero morente, si unì alla conversazione.

“Noi siamo quelle che impollinano i fiori, permettendo alla vita di continuare. Senza di noi, le piante non potrebbero riprodursi, e senza le piante, non ci sarebbe nutrimento per l’uomo e per gli animali. Ma ora, i pesticidi che l’uomo sparge nei campi ci uccidono lentamente. Le nostre colonie si stanno estinguendo, e con noi morirà anche gran parte della vita vegetale.”

“Ora capisco che la mia complicità, pur involontaria, ha avuto conseguenze terribili.”

Un lichene, crescendo lentamente su una roccia, intervenne con la sua saggezza millenaria.

“Vento, tu non sei l’unico colpevole. L’uomo, nella sua cieca ignoranza, non si rende conto che distruggendo noi, le creature invisibili, sta distruggendo il fondamento stesso della sua esistenza. Pensa di poter dominare la natura, di poter coltivare e costruire senza limiti, ma non comprende che siamo noi a mantenere la vita in equilibrio.”

Ed io, muovendomi tra le creature, sussurrai: “C’è speranza? Posso ancora fare qualcosa per voi?”

Il coleottero, debole ma determinato, mi rispose.

“Parla per noi. Racconta le nostre storie. Forse, se gli uomini ascolteranno ciò che hai visto, capiranno l’importanza di proteggere ciò che non possono vedere. Abbiamo bisogno di te, Vento, per divulgare le nostre voci.”

“Certamente, ma prima ho una domanda da porre a tutti voi…giusto per capirne di più” mormorai, quasi con delicatezza, “mi spiegate la relazione fra alcuni di voi e la distruzione di raccolti e la diffusione di epidemie?”

Le api interruppero per un attimo il loro frenetico lavoro. Una di loro, più anziana, mi si avvicinò, sbattendo le ali con un movimento lento e misurato.

“Ah, caro amico Vento,” rispose, “capisco la tua preoccupazione. Ma non tutte le creature alate o striscianti sono distruttrici. Anzi, molte di noi sostengono la vita delle piante che proteggi e che trasporti con la tua forza.”

“Non lo nego, ho visto il tuo lavoro prezioso nel trasportare il polline da un fiore all’altro. Ma cosa mi dici di coloro che distruggono? Delle cavallette che calano come un’onda devastante sui campi, o delle malattie che si diffondono con le zanzare e altri insetti?”

Un fruscio d’erba accompagnò la risposta di un nuovo interlocutore. Una cavalletta, dall’aspetto robusto, emerse dal suo nascondiglio tra i fili d’erba.

“Capisco cosa intendi,” disse con voce profonda e ritmica, “ma noi non distruggiamo per volontà. Siamo parte di un ciclo naturale. Ci nutriamo delle piante per sopravvivere, e a volte la nostra fame sembra spietata. Ma è la natura stessa che ha creato questo equilibrio. In un ecosistema sano, il nostro impatto viene bilanciato da predatori e altre forze naturali.”

Mi alzai leggermente, scuotendo le foglie degli alberi.

“E delle malattie? Alcuni insetti portano distruzione non visibile, diffondendo piaghe e pestilenze tra uomini e animali. Come si giustifica tutto questo?”

Dal nulla, una zanzara planò dolcemente nell’aria.

“Ah, sì” sospirò la zanzara con una voce sottile, “siamo visti come flagelli, lo so. Quando porto il mio morso, porto con me anche malattie che possono decimare intere popolazioni. Ma vedi, non è una scelta consapevole. Io cerco solo il mio nutrimento, e spesso la malattia che diffondo è il risultato di condizioni ambientali che permettono la sua proliferazione.”

Restai in silenzio per qualche istante, riflettendo sulle parole che avevo udito.

“Quindi” conclusi lentamente, “tutto questo fa parte di un ordine naturale? Non c’è distruzione deliberata, ma solo un equilibrio, che a volte pende troppo da una parte?”

L’ape, la cavalletta e la zanzara annuirono all’unisono.

“Esattamente” rispose l’ape con tono dolce, “la natura ha i suoi meccanismi, e noi ne facciamo parte, nel bene e nel male. Non siamo né eroi né nemici. Siamo semplicemente creature che seguono i cicli della vita.”

Mi alzai lentamente, accarezzando dolcemente quelle piccole vite invisibili.

“Soffierò più forte, trasporterò i vostri messaggi ovunque. E magari, un giorno, l’uomo capirà che senza di voi, il mondo che conosce non potrà sopravvivere.”

Continuai il mio viaggio, consapevole che l’equilibrio della vita è fragile e complesso, e che nessuno può sfuggire al proprio ruolo nel grande intreccio del mondo naturale. Portavo con me non solo il profumo della terra e il suono degli alberi, ma anche le storie invisibili delle creature più piccole, quelle che reggevano il peso dell’intero ecosistema e che, nel loro silenzio, chiedevano solo di essere rispettate.

Di L'eretico dell'invisibile

L'autore si delinea come una mente curiosa, libera da dogmi e imposizioni, che non si accontenta delle spiegazioni preconfezionate propinate da religioni, istituzioni.. o dalla stessa scienza quando si chiude di fronte all’ignoto, tanto definire folle il concetto che 2 più 2 possano far 5.
Definirsi "l'Eretico dell'Invisibile", è già una dichiarazione di intenti.. di guerra.. come quella di andare oltre ciò che è dato per scontato, oltre le narrazioni costruite per mantenere un certo ordine sociale e intellettuale, oltre le verità imposte che nel corso dei secoli hanno modellato la percezione della realtà.
È evidente che l’autore non si limita ad un singolo ambito di ricerca, ma spazia tra spiritualità, mistero, fenomeni paranormali, storia e geopolitica, affrontando tutto con uno sguardo critico e analitico.
Ma non c’è solo il mistero a guidare ad alimentare la sua curiosità. C’è anche la consapevolezza che la storia, così come ci è stata, e ci viene raccontata, è spesso il risultato di una narrazione costruita a proprio uso e consumo dai "vincitori" a cui, anche se gli dedichiamo strade e piazze, gli eroi non sempre sono tali, le guerre non sono mai mosse da ideali puri, le istituzioni hanno intrecci con il potere economico e religioso che sfuggono allo sguardo della massa. L’autore si pone, dunque, come un investigatore dell’invisibile, colui che scava sotto la superficie per portare alla luce le contraddizioni e le ombre della storia e della società contemporanea.
L’Eretico dell’Invisibile, dunque, è quel qualcuno che non si accontenta di sapere perché consapevole dell’importanza del "Sapere di non Sapere".

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