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la Voce del Vento

io Vento.. una voce narrante, una forza senza corpo che attraversa il mondo da sempre. Pur non avendo sensi umani, percepisco e vivo il mondo in modo profondo, raccogliendo storie e frammenti ovunque passo. Un viaggiatore eterno, in movimento continuo, che lascia tracce solo nel ricordo delle cose che sfiora.

Capitolo 7 – Io Vento e le Nuvole

Io sono il Vento. Da quando il mondo esiste soffio tra le sue montagne, scivolo sui mari, accarezzo gli alberi e sollevo la polvere delle città. Non ho un cuore che batte, né occhi per vedere, è vero. Eppure, il mondo mi attraversa in ogni istante, e io attraverso lui, come un viaggiatore che non può fermarsi. Non lascio impronte dietro di me, ma raccolgo frammenti di tutto ciò che incontro, e ogni istante è una nuova storia che si aggiunge al mio soffio.
Non ho mai dato voce alle mie domande, né cercato risposte. Io passo e basta. Ma anche oggi sento ancora il bisogno di parlare. Di ascoltare. E mentre mi muovo, vedo loro: le Nuvole, mie compagne di viaggio. Le ho spinte, trascinate, modellate. Le ho portate ovunque, senza mai chiedere cosa vedono, cosa provano. Eppure, oggi, sento che ho il dovere di farlo.

Le raggiungo, esse fluttuano nel cielo come sempre, ignare del mio arrivo. Sono leggere, quasi eteree, ma mi conoscono. Sanno che sono io, e aspettano il mio soffio, la mia carezza. Mi avvicino con delicatezza, come quando accarezzo il mare in una giornata tranquilla.
“Voi, Nuvole, così libere eppure legate al mio respiro… raccontatemi di voi.” gli chiedo, “Noi viaggiamo insieme, ma mai una volta vi ho chiesto cosa significa per voi vagare nel cielo, trasformarvi, dissolvervi. Cosa vedete, quando guardate la terra dall’alto?”
Una di loro, scura e piena di pioggia, si scuote al suono della mia voce. 
“Vento… tu che ci porti lontano, non sai davvero cosa significa per noi viaggiare? Tu sei la nostra guida. Senza di te saremmo ferme, intrappolate nel cielo, senza scopo. Ma la nostra esistenza è ciclica. Ci dissolviamo in pioggia, scendiamo sulla terra, nutriamo i fiumi, e poi torniamo su, di nuovo, senza mai poter scegliere davvero dove andare.”

Le sue parole sono pesanti come la pioggia che porta in grembo. Io le ho sempre viste come creature libere, che si spostano sopra le terre e i mari senza limiti. Ma ora mi rendo conto che, come il fiume segue il suo corso, anche loro sono prigioniere di un ciclo.
“Siete legate al mio soffio” rifletto ad alta voce, “e io vi trascino dove voglio, senza pensarci. Ma io non ho catene. Corro libero e non appartengo a nessuno. Voi lasciate il segno, cadete sulla terra e riempite i laghi, le valli. Io passo, e non resta nulla di me. Il mio viaggio è vuoto.”
Una Nuvola bianca, leggera come una piuma, si avvicina. La sua voce è come un sussurro, dolce, quasi malinconica. 
“Non dire questo, Vento. Tu sei la forza che ci dà vita. Ogni nostro movimento è una risposta al tuo respiro. Senza di te, non saremmo nulla. E anche se non ti fermi, lasci un segno. Non lo vedi, ma lo lasci in tutto ciò che tocchi. Noi raccogliamo la tua energia e la restituiamo sotto forma di pioggia, neve, grandine. Ogni tua carezza si trasforma in qualcosa di tangibile, anche se tu non lo percepisci.”

Resto in silenzio. Forse ha ragione. Io non posso fermarmi, non posso osservare i frutti del mio passaggio, ma ciò che tocco cambia, si trasforma. Come le nuvole, che viaggiano con me, ma poi tornano alla terra per nutrirla.
“Sì, ma voi… voi tornate sempre indietro. Vi sciogliete in pioggia e ricominciate. Io non ho un ritorno. Io continuo a muovermi, sempre avanti, senza fine, senza mai poter restare. Non ho radici, non ho una casa. Non lascio traccia, se non per un istante.”
La Nuvola più anziana, carica di tempeste passate, finalmente parla. La sua voce è calma, profonda, piena di una saggezza che solo il tempo può donare. 
“Vento, tu non hai bisogno di un ritorno, perché sei ovunque. Sei nel respiro del mondo, nelle crepe delle montagne, nel sibilo delle foreste. Ogni luogo che tocchi diventa parte della tua storia, anche se tu non lo vedi. Noi veniamo e andiamo, ma tu resti. Non nel senso in cui restano gli alberi o le pietre, ma nella memoria del mondo. Ogni volta che soffierai su un campo di grano o su un mare in tempesta, il mondo saprà che tu sei lì. Anche se non puoi fermarti, sei eterno.”

Le sue parole sono come un balsamo per me. Non ho mai pensato a me stesso come eterno. Ho sempre visto la mia esistenza come un’incessante fuga, un continuo scorrere senza un punto d’arrivo. Ma forse non ho bisogno di un punto d’arrivo. Forse il mio scorrere è il senso stesso della mia esistenza.
“Avete ragione,” rispondo, il mio soffio ora è più leggero, più sereno, “il mio viaggio non è vuoto, è pieno di voi, della terra che accarezzo, del mare che scuoto. Forse non posso fermarmi, ma lascio comunque una traccia, anche se invisibile.”

Le Nuvole si muovono leggere sotto il mio tocco. Io le spingo ancora, come ho sempre fatto, ma stavolta lo faccio con consapevolezza, con gratitudine. Non sono più solo il Vento che scorre senza sosta. Sono il Vento che ascolta, che raccoglie storie, che lascia segni invisibili, ma reali.
Ma ci sono cose che non so, storie che loro conoscono meglio di me, perché io passo, ma loro si fermano. Decido di chiedere. Voglio sapere cosa hanno visto, cosa ricordano delle tragedie della terra e del mare.
“Nuvole,” sussurro, “da quanto tempo viaggiamo insieme, senza mai fermarci a parlare. Voglio sapere delle vostre storie, delle tragedie a cui avete assistito. Raccontatemi del mare e della terra, e di ciò che avete visto. Ho visto l’uomo essere tanto grande quanto stupido. Voi, cosa ne pensate?”
Una Nuvola scura, pesante di pioggia, inizia a parlare. La sua voce è densa, carica di ricordi.

“Vento, tu hai visto molto, ma noi, noi siamo state lì, sospese, mentre le tragedie prendevano forma. Ricordo il mare. L’oceano calmo, un inganno perfetto. Le barche a vela, leggere e piene di vita, con l’uomo che credeva di poter dominare l’acqua. Ma io sentivo la tua forza crescere, sentivo le onde montare sotto di noi. E l’uomo non ha visto. O, forse, ha scelto di ignorare. È imprudente, troppo spesso cieco di fronte ai segni che la natura gli manda.” la sua voce si incrina, e la vedo tremare al ricordo, ma continua… “Quando la tempesta è arrivata, era troppo tardi. Io piangevo, piangevo con tutta la pioggia che avevo in me, e tu, Vento, hai sollevato il mare contro di loro. Non avevi colpa, non potevi fermarti. Ma loro… loro erano piccoli, così piccoli. La loro imprudenza li ha traditi, hanno pensato di essere più forti delle onde, e l’oceano li ha reclamati. Quante navi hai visto affondare, Vento? Quante vite spazzate via dalla tua furia, scatenate dall’arroganza di chi ti sfida senza comprendere?”

Il mio soffio si fa pesante. Non posso contare le navi che ho visto spezzarsi in due, o le urla che ho udito svanire tra le onde.
“Sono stato lì, lo so. Ho provato a spezzarmi, a rallentare, ma non è nella mia natura. L’uomo si avventura dove non dovrebbe, e poi mi maledice quando la tempesta lo trascina via. Ma non sono io il responsabile. Sono i loro sogni di grandezza che li accecano. L’oceano non perdona l’imprudenza.”
Un’altra Nuvola, più leggera, ma carica di malinconia, si avvicina. La sua voce è flebile, ma carica di una storia diversa, una storia che viene dalla terra.
“Non è solo il mare, Vento. Ricordo le montagne. Gli uomini che si spingono in alto, troppo in alto, ignorando i segni della tempesta. Li ho visti scalare cime pericolose senza ascoltare i sussurri del cielo. Sono arrivati troppo vicini al limite, e poi siamo arrivate noi. La neve, spinta dalla tua furia, si è trasformata in valanga. Non volevamo farlo, ma non avevamo scelta. Li abbiamo sepolti, e sotto quella massa bianca, i loro sogni di gloria si sono trasformati in silenzio eterno. La natura non è crudele, Vento, ma l’uomo spesso si dimentica che non può sfidarla senza conseguenze.”

Il ricordo della montagna mi colpisce come una pugnalata. Quante volte ho urlato contro i pendii, cercando di avvertirli, eppure non ascoltano mai. L’uomo è piccolo davanti alle forze che non può controllare, ma continua a sfidarle come se nulla fosse.
“Sì, io ero lì. Volevo solo avvisarli. Volevo che sentissero la mia forza e capissero che dovevano fermarsi. Ma non lo fanno mai, vero? L’orgoglio li acceca. Pensano che la natura sia qualcosa che possono dominare. E quando finalmente capiscono la loro debolezza, è sempre troppo tardi.”

Una terza Nuvola, grigia e pesante, carica di una rabbia contenuta, si avvicina. Il suo tono è duro, come se parlasse attraverso una tempesta imminente.
“L’uomo ha creato tragedie anche senza di noi. L’ho visto incendiare foreste, senza pensare alle conseguenze. E quando la terra bruciava, noi arrivavamo troppo tardi, cariche di pioggia che non poteva spegnere tutto quel fuoco. L’arroganza dell’uomo è la sua più grande stupidità. Bruciano il loro stesso mondo, e poi alzano gli occhi al cielo, implorando aiuto. Ma non possiamo salvarli da loro stessi.” Le sue parole sono piene di amarezza, e io sento la sua frustrazione. Anche io l’ho visto. Ho soffiato sopra le foreste morenti, cercando di spegnere le fiamme, ma senza successo. E ogni volta, il fuoco era nato dalla mano dell’uomo, da un gesto avventato, da una scintilla che non avrebbe mai dovuto accendersi, e continua.. “Non sono mai pronti a prendersi la colpa, vero? Bruciano la terra, sfidano il mare, scalano le montagne, e quando tutto crolla, guardano noi. Ci maledicono, ci incolpano. Eppure, siamo noi a custodire l’equilibrio, non loro. Noi siamo il respiro del mondo, e loro ci spezzano, con la loro imprudenza, con la loro arroganza.” Le Nuvole si muovono lentamente, come se fossero stanche di portare con sé il peso di tutte quelle tragedie. Io le osservo, e sento il mio soffio farsi più lieve, carico di pensieri… “Non possiamo fermarci, né possiamo cambiarli. Ma possiamo continuare a raccontare le storie di ciò che vediamo. Forse, un giorno, qualcuno ascolterà. Fino ad allora, continueremo a soffiare e piangere. Io, voi, insieme. Perché il mondo va avanti, anche quando loro si fermano.”

E così, riprendo il mio viaggio. Le Nuvole mi seguono, cariche di pioggia, di neve, di tempeste. Raccontiamo insieme la storia di un mondo che l’uomo non riesce a comprendere del tutto, ma che continua a sfidare.

E mentre loro si allontanano, svanendo all’orizzonte, so che non sarà mai un addio. Continueremo a viaggiare insieme, io e loro, raccontando la storia del cielo e della terra, una storia che non ha mai fine.

segue (….) io Vento e il Fuoco 
 
 
   
  
        
  
    
        
  

Di L'eretico dell'invisibile

L'autore si delinea come una mente curiosa, libera da dogmi e imposizioni, che non si accontenta delle spiegazioni preconfezionate propinate da religioni, istituzioni.. o dalla stessa scienza quando si chiude di fronte all’ignoto, tanto definire folle il concetto che 2 più 2 possano far 5.
Definirsi "l'Eretico dell'Invisibile", è già una dichiarazione di intenti.. di guerra.. come quella di andare oltre ciò che è dato per scontato, oltre le narrazioni costruite per mantenere un certo ordine sociale e intellettuale, oltre le verità imposte che nel corso dei secoli hanno modellato la percezione della realtà.
È evidente che l’autore non si limita ad un singolo ambito di ricerca, ma spazia tra spiritualità, mistero, fenomeni paranormali, storia e geopolitica, affrontando tutto con uno sguardo critico e analitico.
Ma non c’è solo il mistero a guidare ad alimentare la sua curiosità. C’è anche la consapevolezza che la storia, così come ci è stata, e ci viene raccontata, è spesso il risultato di una narrazione costruita a proprio uso e consumo dai "vincitori" a cui, anche se gli dedichiamo strade e piazze, gli eroi non sempre sono tali, le guerre non sono mai mosse da ideali puri, le istituzioni hanno intrecci con il potere economico e religioso che sfuggono allo sguardo della massa. L’autore si pone, dunque, come un investigatore dell’invisibile, colui che scava sotto la superficie per portare alla luce le contraddizioni e le ombre della storia e della società contemporanea.
L’Eretico dell’Invisibile, dunque, è quel qualcuno che non si accontenta di sapere perché consapevole dell’importanza del "Sapere di non Sapere".

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