Corpo, supplizio, leggende.
La Vergine di ferro più comunemente nota come Vergine di Norimberga, sicuramente fa pensare a tutt’altro che uno strumento di tortura.
Nata per infliggere pena agli eretici e agli assassini, fu un’ideazione della Santa Vehme (Vehmegericht), il sistema giudiziario della Vestfalia gestito dai Freischoffen, i giudici liberi.
La Santa Vehme gestiva le esecuzioni in modo spesso segreto e brutale, approfittando del proprio ruolo dominante nel gestire i condannati e chiunque avesse commesso un crimine.
Chi ha visitato (almeno) un museo delle torture sa di cosa stiamo parlando: una statua, di dimensioni piuttosto importanti, richiamante una figura antropomorfa di genere femminile che, a vederla da fuori, appare come un delizioso scrigno – armadio.
Il raccapriccio è celato al suo interno: lame affilate tanto lunghe tra trafiggere un corpo da una parte all’altra, erano posizionate nelle pareti della statua che, una volta chiusa, perforavano il malcapitato che moriva nella sofferenza più atroce a noi immaginabile (o forse no).
Alcuni prototipi presentano una feritoia all’altezza degli occhi, dove erano disposte delle lame più lunghe e fini rispetto a quelle situate all’interno del congegno diabolico.
Pare che, una volta deceduto “l’ospite”, questi venisse rilasciato attraverso una botola posta – entro la statua – ai piedi che, una volta aperta, rilasciava il corpo direttamente nei sotterranei.
Realtà o finzione?
Nonostante venga spesso esposta non solo nei musei ma, anche e sopratutto, in letteratura sembra che la Vergine di ferro sia in realtà un’invenzione avvenuta tra il XVIII° e gli albori del XIX° secolo.
Quando pensiamo al Medioevo, va da sé, sovente si richiamano alla mente le diverse torture inflitte alle streghe, ai galeotti, agli eretici..insomma, non pensiamo a questa epoca come un periodo felice e gioioso (non penso proprio che Tu, caro lettore, ci faresti un salto spazio temporale così, giusto per “vedere come funzionassero le cose all’epoca”. Soprattutto se hai i capelli rossi!! 🙂 Si scherza, ovviamente).
Certamente però questi marchingegni infernali sono capaci di farci viaggiare con la fantasia e di incutere in noi paura e soggezione, spingendoci a riflettere su come effettivamente si possa inventare certe diavolerie.
Dunque, perchè inventarla? La finalità era quella di generare falsi eccezionali che facessero gola ai più ricchi, così che potessero sfoggiare le proprio collezioni di macabro ai propri ospiti.
E’ noto altresì il nome del suo inventore, il filosofo Johann P. Siebenkess vissuto tra il 1759 ed il 1796 in Germania, dilettante di archeologia il quale confermava di averne trovato un (reale) esemplare della prima metà del ‘500.
In F. Shoberl (1844), Persecutions of Popery leggiamo una minuziosa descrizione dell’utilizzo della Vergine di ferro:
Due ecclesiastici incalzavano il prigioniero, esortandolo a rendere una confessione davanti alla Madre di Dio. “guarda”, dicevano, “con quanto amore la Vergine benedetta ti spalanca le braccia! il tuo cuore indurito si scioglierà sul suo seno; lì tu confesserai. All’improvviso quella figura iniziò a sollevare le braccia ed il prigioniero, sopraffatto dallo stupore, venne spinto nel suo abbraccio. Lei lo attirava sempre più vicino, lo stringeva quasi impercettibilmente a sè, fino a che i chiodi e le lame non gli trapassarono il petto”.
Shoberl, 1844
Da tale citazione potremmo rimanere sbalorditi o incuriositi, in realtà alcun trattato di stampo medievale (pre ‘700 almeno) ne cita l’utilizzo e ancor meno l’esistenza effettiva.
Questo falso storico però, è ancora in grado di affascinare i visitatori o gli amanti della storia della tortura, i quali vedono le proprio curiosità realizzate nei musei e in alcuni saggi.
E voi, ci credete?