Invisibile e senza volto, vagavo come sempre tra cieli e terre. Sono antico, più vecchio delle montagne, più saggio dei fiumi. Testimone di ogni cosa: guerre, rivoluzioni, dei sussurri della pace e delle speranze che si innalzavano come aquiloni verso il cielo.
Ed ora, in una piazza quasi vuota di un mondo immaginario, mi trovavo di fronte a centinaia di bandiere, ognuna rappresentante una nazione, una cultura, un popolo.
Sventolavano tutte insieme, agitate dalla mia azione onnipresente, ma sembravano anche animate da qualcosa di più. C’era vita in loro, una consapevolezza di essere simboli, rappresentanti del sogno collettivo di milioni di persone. Incuriosito, decisi di parlare con loro. Di capire cosa davvero rappresentassero quelle tele colorate che si agitavano sotto la mia carezza.
“Siete davvero sgargianti e piene di spirito di appartenenza. Complimenti! Ma, giusto per capire, ho anche per voi una domanda”, gli sussurrai, “mi spiegate la relazione fra voi e ciò che rappresentate? Cos’è che vi spinge a sventolare così fieramente, anche quando sotto di voi c’è disordine, caos, distruzione?
Le bandiere rimasero sorprese per un attimo, come se riflettessero su quella domanda. Poi, una tra loro, una bandiera antica, con colori sbiaditi dal tempo, si inclinò leggermente verso di me, rispondendo per tutte.
“Noi non siamo solo tessuti che danzano nell’aria, caro Vento” iniziò con voce solenne, “noi siamo le idee, i sogni e le paure di chi ci ha creato. Rappresentiamo nazioni, certo, ma in realtà, siamo molto di più. Siamo speranze. Siamo promesse non mantenute e promesse da realizzare. Ogni volta che sventoliamo, portiamo con noi il peso di ciò che gli uomini desiderano e ciò che temono.”
Mi avvolsi attorno a quella bandiera, cercando di cogliere più a fondo il significato di quelle parole.
“Sì, ma vedo il vostro sventolare anche quando la vostra terra è in guerra. Anche quando sotto di voi ci sono macerie e rovine. Perché non smettete mai di muovervi, di esistere, anche nei momenti più bui?”
Una bandiera più giovane, dai colori vivaci, prese la parola.
“Perché noi rappresentiamo l’identità e i sogni dei popoli, e i sogni non muoiono mai. Anche nei momenti più oscuri, quando le bombe cadono e le città bruciano, la speranza continua a sventolare. Noi siamo quella speranza. Anche quando il mondo si frantuma, c’è sempre qualcuno che guarda verso di noi e vede qualcosa per cui lottare.”
Mi fermai un attimo, riflettendo sulle parole della giovane bandiera.
“Quindi, voi siete eterne, indifferenti al dolore che si svolge sotto di voi?”
Un’altra bandiera, più austera e rigida, parlò con tono grave.
“Non siamo indifferenti, Vento. Siamo testimoni. E ogni volta che sventoliamo durante una guerra, o quando vediamo la distruzione, ne portiamo i segni. Vedi, i colori a volte si scoloriscono, le fibre si consumano. E queste non sono solo ferite fisiche, sono cicatrici spirituali. Rappresentiamo la gloria e la sofferenza di chi ci ha creato, e sventoliamo anche per coloro che non ci sono più.“
Mi muovevo più lentamente ora, come se stessi cercando di comprendere a fondo la portata di ciò che le bandiere rappresentavano.
“Ma non trovate assurdo, voi che sventolate insieme in questa piazza, che i popoli a cui appartenete spesso sono in conflitto tra loro? Voi, unite dal mio soffio, siete spesso simboli di divisione.”
Un lungo silenzio seguì quella domanda. Poi, una piccola bandiera, meno conosciuta, parlò con voce timida ma ferma.
“È vero. Noi siamo spesso simboli di confini, di differenze. Ma quello che il mondo dimentica è che siamo fatte della stessa stoffa, e sventoliamo sotto lo stesso cielo, con lo stesso vento che ci accarezza. Non siamo noi a creare divisioni. Sono le persone che ci caricano di significati. Noi, in fondo, siamo semplici simboli. È l’umanità che decide cosa vedere in noi e cosa rappresentare.”
Restai sorpreso dalla profondità di quella riflessione, chiesi: “Allora, se poteste, cosa cambiereste nel modo in cui siete percepite?”
Mi rispose una delle bandiere più maestose, dai colori brillanti e complessi.
“Vorremmo essere viste come ponti, non come barriere. Ognuna di noi è una storia, ma queste storie non devono essere raccontate in contrasto con altre. Dovremmo essere i simboli della diversità che si unisce, non che si separa. Il vento che ci spinge è lo stesso, eppure gli uomini spesso dimenticano che il vento non appartiene a nessuno.”
Soffiai più forte per un momento, come per sottolineare l’importanza di quelle parole. E lei concluse in maniera chiara e concisa… “Il vento non appartiene a nessuno” ripeté lentamente, gustando il suono di quelle parole che sembravano risuonare nel vuoto attorno a me.
“Eppure” le dissi, “vedo che molte di voi vengono usate per giustificare l’odio, il nazionalismo, la violenza. Come potete sopportare di essere usate in questo modo?”
Una bandiera dalle tonalità scure, segnata dal tempo e dalla storia, rispose con saggezza.
“Non possiamo controllare come veniamo usate, né come le persone ci vedono. Possiamo solo sventolare e sperare che un giorno gli uomini capiscano che, in realtà, siamo degli specchi. Riflettiamo ciò che l’umanità porta dentro di sé. Se vedono odio in noi, è perché l’odio è dentro di loro. Se vedono divisione, è perché loro stessi sono divisi.”
Con una leggera malinconia, iniziai a dissiparmi.
“Voi siete molto più di quanto immaginassi” dissi con voce quasi impercettibile, “ma mi chiedo se il mondo riuscirà mai a capire davvero il vostro messaggio.”
Le bandiere sventolarono in silenzio, consapevoli che la loro verità era destinata a essere fraintesa ancora per molto tempo. Le accarezzai una volta ancora, promettendo di tornare, di continuare a soffiare su di loro, sperando che un giorno l’umanità avrebbe trovato un modo per vedere oltre i confini, oltre i colori, e oltre il simbolismo che avevano caricato su quei pezzi di stoffa.
Mentre mi allontanavo, portando con me polvere e silenzio, le bandiere continuarono a sventolare, unite sotto lo stesso cielo. E forse, in quel momento, c’era qualcosa di più grande, qualcosa che solo io potevo osservare: un mondo che ancora doveva nascere, in cui le bandiere avrebbero rappresentato non divisioni, ma l’unità del soffio che le collegava tutte.