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ALDA MERINI

Dissacratrice del dolore e della santità. La poesia per sovvertire le categorie di “folle” e “normale”

La Follia Eretica e il Corpo Dissacrato

Nata con la primavera e morta nel giorno dei Santi, è l’icona della poetessa maledetta, non per scelta estetica, ma per un’esistenza marchiata dalla diversità. La sua poesia non è consolazione: è una ferita aperta, una bestemmia liturgica che trasforma il manicomio in un’anticamera della rivelazione. Merini è l’Anticristo della poesia borghese, perché non ha edulcorato il dolore, ma lo ha fatto sanguinare in versi. Ha reso la patologia mentale non un tabù da nascondere, ma il punto di vista più autentico sull’ipocrisia del mondo.

Il Manicomio Eretico: La Cattedrale del Dolore

L’esperienza del manicomio (lunga e drammatica, descritta in prosa in “L’altra verità. Diario di una diversa” e innumerevoli poesie) non fu per Alda Merini una semplice parentesi di sventura o una malattia da cui guarire, ma un viaggio iniziatico o, con terminologia dantesca, una vera e propria discesa agli inferi. Questo esilio forzato non la distrusse, ma le conferì una conoscenza proibita e feroce che nessuna vita “normale” avrebbe potuto offrirle.

La Follia come Specchio del Mondo

Per Merini, l’istituzione psichiatrica si trasforma nell’“unica vera università dell’anima”. Non è la poetessa a essere folle, ma il mondo esterno, la “società sana” che l’ha confinata. Il manicomio diventa così l’“armadio della coscienza sporca” della società borghese e benpensante, il luogo dove si nascondono il dolore, la diversità e l’eccesso che la logica razionale non può tollerare. Le mura del manicomio, lungi dall’essere un luogo di cura, sono in realtà un laboratorio di verità in cui le maschere sociali cadono e l’uomo si rivela nella sua essenza più vulnerabile e cruda. In quest’ottica eretica, la poetessa si fa mistica della privazione. La sofferenza, la reclusione e persino l’elettroshock (il “martello della luce”) non sono solo atti di violenza, ma strumenti di una crucifixion laica che permette di raggiungere una forma di santità non religiosa, ma poetica.

  • Il Poeta Prosciolto: Merini usa il suo status di “diversa” per auto-assolversi dalle leggi umane e morali. La pazzia le conferisce immunità e la libertà di parlare dal fondo, dove le parole hanno un peso differente.
  • La Parola Incandescente: Tornata dal manicomio, la sua voce non è più quella della giovane lirica, ma quella del profeta. I suoi versi sono come schegge incandescenti, capaci di nominare il trauma e la bellezza con la stessa intensità. Non c’è distacco intellettuale; c’è la verità del corpo e dell’anima squarciata.

In definitiva, l’esperienza manicomiale non fu un difetto nella biografia di Alda Merini, ma la sua fonte di potere, il suo passaporto per l’eresia poetica e la sua definitiva consacrazione a voce inascoltata ma essenziale del Novecento.

Il Corpo Peccaminoso e La Fede Carnale

La poetica meriniana è profondamente carnale e blasfema. Il corpo non è un tempio, ma un campo di battaglia, un ricettacolo di desiderio e dolore. Merini rifiuta l’ascetismo e canta un amore che è sempre erotico e mistico insieme, un’unione indissolubile di sesso e spirito. La sua fede è eretica perché identifica il divino non nella purezza, ma nella passione sfrenata e nel tormento della carne.

Disamina Eretica: “Sono nata il ventuno a primavera” (da “Vuoto d’amore”, 1991)

«Sono nata il ventuno a primavera, ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle, potesse scatenar tempesta. Così prosciolgo e leggo, nel libro del vento, che non ho amato abbastanza, ma pur sempre amato la vita, l’inferno e il paradiso.»

  • Significato Dissacrante: Il verso iniziale, citatissimo, non è un tenero inno alla vita, ma una rivendicazione orgogliosa della “follia” come forza primordiale e distruttiva. Il nascere “folle” è accostato all’atto di “aprire le zolle” (dissodare, creare) – la pazzia è quindi atto creativo, tellurico. La Merini “proscioglie” sé stessa (si assolve, si fa giudice) dalla colpa di non aver amato abbastanza, ma include l’inferno nella sua dichiarazione d’amore per la vita. Non c’è pentimento, ma accettazione blasfema del tutto: la vita è santa solo perché include l’inferno.

L’Aforisma Tagliente: La Sentenza Eretica

La Merini matura abbandona spesso la lirica tradizionale per l’aforisma, forma che le permette di distillare la sua eresia in sentenze rapide e micidiali. Il suo aforisma è un colpo di frusta sulla morale comune.

  • «Io non ho bisogno di denaro. Ho bisogno di sentimenti, di parole, di parole scelte sapientemente, di fiori, di rose, di musica, di stelle.»
    • Eresia: Rifiuto sfrontato della logica capitalista e materialista. Afferma la superiorità della pazzia sensibile sulla “sana” ricchezza.
  • «Spesso gli angeli sono inquieti.»
    • Eresia: Dissacrazione dell’iconografia angelica. Gli angeli, simboli di purezza, sono turbati e instabili, proprio come l’uomo. Il divino è imperfetto.
  • «La cosa più superba è la notte quando cadono gli ultimi spaventi e l’anima si getta all’avventura.»
    • Eresia: La notte non è il momento del riposo, ma del caos liberatorio. L’anima non cerca la salvezza o la quiete, ma l’Avventura Erotica e Spirituale, lontano dalla ragione del giorno.

Merini non è stata una vittima, ma una sacerdotessa della disperazione, che ha utilizzato la sua vita di marginalità per pronunciare verità inaccettabili, santificando l’abbandono, il manicomio e la carne con il fuoco sacro della poesia. È per questo che la sua figura resta inclassificabile, eterna ed eretica.

Donne come lei nascono una ogni millennio… l’Eretico

Di L'eretico dell'invisibile

L'autore si delinea come una mente curiosa, libera da dogmi e imposizioni, che non si accontenta delle spiegazioni preconfezionate propinate da religioni, istituzioni.. o dalla stessa scienza quando si chiude di fronte all’ignoto, tanto definire folle il concetto che 2 più 2 possano far 5.
Definirsi "l'Eretico dell'Invisibile", è già una dichiarazione di intenti.. di guerra.. come quella di andare oltre ciò che è dato per scontato, oltre le narrazioni costruite per mantenere un certo ordine sociale e intellettuale, oltre le verità imposte che nel corso dei secoli hanno modellato la percezione della realtà.
È evidente che l’autore non si limita ad un singolo ambito di ricerca, ma spazia tra spiritualità, mistero, fenomeni paranormali, storia e geopolitica, affrontando tutto con uno sguardo critico e analitico.
Ma non c’è solo il mistero a guidare ad alimentare la sua curiosità. C’è anche la consapevolezza che la storia, così come ci è stata, e ci viene raccontata, è spesso il risultato di una narrazione costruita a proprio uso e consumo dai "vincitori" a cui, anche se gli dedichiamo strade e piazze, gli eroi non sempre sono tali, le guerre non sono mai mosse da ideali puri, le istituzioni hanno intrecci con il potere economico e religioso che sfuggono allo sguardo della massa. L’autore si pone, dunque, come un investigatore dell’invisibile, colui che scava sotto la superficie per portare alla luce le contraddizioni e le ombre della storia e della società contemporanea.
L’Eretico dell’Invisibile, dunque, è quel qualcuno che non si accontenta di sapere perché consapevole dell’importanza del "Sapere di non Sapere".

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