Abracadabra, una parola che oggi sentiamo in bocca agli illusionisti o che affiora in qualche vecchia fiaba per bambini, un tempo si riteneva avesse un grande potere.
Il termine “abracadabra”, utilizzato nella magia mistica e formula magica per eccellenza, è tuttora considerato un termine indecifrabile, pur essendo la parola universalmente più usata fra quelle pronunciate senza traduzione in varie lingue.
Ci sono stati comunque diversi tentativi e sondando varie lingue e culture per individuare l’origine di questa parola:
- dall’aramaico “Avrah KaDabra” (io creerò come parlo) o “abhadda kedhabhra” (sparisci come questa parola)
- dall’ebraico “ha-bĕrakāh dabĕrāh” (pronunciare la benedizione) oppure “abreq ad habra” (invia la tua folgore fino alla morte) o ancora, dall’unione delle tre parole “ab” (padre), “ben” (figlio), e “ruach hacadosch” (spirito santo)
- dall’arabo “Abra Kadabra” (fa’ che le cose siano distrutte)
- dall’espressione greca “àbras kat’àbras” (aura per aura; demone per demone) che proviene dalle formulazioni di esorcismi di origine orientale
- da “Abraxas”, entità divina delle correnti gnostiche ed esoteriche
- da “Abracadabra”, nome di uno dei demoni il cui potere si credeva di poter ridurre mediante incantesimi
Il termine abracadabra compare per la prima volta nel II secolo d.C., inciso su una pietra d’ematite, probabilmente si trattava di un talismano. Si sa che era usato dai popoli di lingua aramaica o araba, in particolare come incantesimo per curare alcune malattie (febbri e infiammazioni) e per allontanare i demoni.
Nel mondo latino, troviamo la parola abracadabra sottoforma di prescrizione medica, contenuta nel “Liber medicinalis” di Quinto Sammonico Sereno (… – 212; erudito e medico romano). Secondo le indicazioni, il malato doveva portare addosso una pergamena con la parola abracadabra inscritta in un triangolo capovolto. La figura geometrica si otteneva ripetendo la parola magica su righe sovrapposte, eliminando una lettera a ogni ripetizione riga, finché non restava solo la vocale “A” che costituiva la punta del triangolo. Lo scopo di tale amuleto era ridurre gli influssi negativi della malattia.
L’uso di simili artifici era molto diffuso nel bacino del Mediterraneo: le popolazioni italiche, in particolare, si affidavano ai rimedi degli stregoni più che alle prescrizioni mediche dell’epoca. Inoltre, si credeva fortemente nel potere evocativo delle parole, specie durante gli esorcismi, praticati largamente in passato, molto prima dell’avvento del cristianesimo, per scacciare gli spiriti maligni.
In epoca medievale, il termine abracadabra era largamente impiegato a scopo magico-rituale e durante l’epidemia di peste del Seicento, la parola fu usata a mo’ di protezione: si appendevano triangoli dell’Abracadabra agli stipiti delle porte per tenere lontana la malattia.
In “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi veniamo a sapere che anche i contadini della Lucania utilizzavano i “triangoli protettivi” abracadabra sia come ciondoli sia come foglietti scaramantici.
Attualmente, la parola è usata da alcuni prestigiatori durante gli spettacoli di magia, per aumentare la suspence e giustificare il trucco di turno.
Anche J.K. Rowling non ha resistito alla magia insita in questa misteriosa parola, tanto da inserirla nella saga di Harry Potter, nella variante “Avada Kevadra” ossia, la maledizione senza perdono.