Nemeseia: la dea che evitava la vendetta dei morti sui vivi che non avessero onorato i propri defunti.
Rappresentata come figura di donna alata armata di spada e di una clessidra, era anche colei che gestiva in modo equo la giustizia: tutto grazie a lei veniva equilibrato tra punizione e atto ingiusto, perseguendo ideali di giustizia attraverso la persecuzione dei cattivi e degli irriconoscenti.
Il termine Nemesi deriva dall’etimo greco “dispensazione di debiti” e, ad oggi, significa però quel processo intero in cui viene attuata giustizia.
La Dea Nemesi fu tra le primissime divinità nata da Nyx – la notte – ed Erebo – l’oscurità – e sin da subito fu stabilito il suo ruolo di dominatrice dell’ordine pubblico tra gli dei e i mortali.
Era una dea vendicativa: i malvagi infatti venivano trascinato davanti alla Giustizia bilanciando le esistenze degli esseri umani per quanto concerne felicità e tristezza, fortuna e sfortuna..
A lei un tempio appositamente dedicato, situato a Rhamnous – presso Maratona – vicino ad Atene.
Di lei veniamo a conoscenza proprio nel mito di Narciso: cacciatore vanitoso, venne attirato da Nemesia vicino ad uno stagno dove si specchiò. Fu lì che Narciso si infatuò della propria immagine e decise di suicidarsi per aver compreso tutte le pene che i suoi innamorati – non ricambiati – pativano.
La Dea della giustizia in greco veniva anche definita “Dike”, invero Giustizia, ed era una delle tre Ore, personificazioni delle stagioni secondo i greci, riconosciuta però anche nella mitologia romana.
Le tre Ore erano Dike (Giustizia), Eunomia (buon governo) ed Irene (pace).
Nemesi viene spesso intesa altresì come “sdegno” o “indignazione”, secondo Omero nell’Odissea e Aristotele nell’Etica Nicomachea. Secondo Erodoto, Claudio Eliano nella Varia historia e Plutarco è da intendersi come “vendetta” e “castigo”.
