Nel 1299 Bonifacio VIII emise una bolla papale, la De Sepolturis che divenne vera e propria legge una volta pubblicata nel Liber Sextus Decretalium D. Bonifacii Papae in merito alle pratiche di sepoltura.
Il procedimento del Mos Teutonicus era una pratica piuttosto in voga nell’Europa medievale: tradotta dal latino in “costume dei Germani” era finalizzata a riportare – circa intatti – i corpi dei nobili che tornavano dalla battaglia.
Il metodo era piuttosto semplice: la carne veniva staccata dalle ossa così come le viscere e le ossa, una volta pulite, potevano essere trasportate nel luogo di oirgine.
Quando moriva un Re, un nobile o altri dignitari di rango elevato in terra straniera, il corpo veniva letteralmente eviscerato, dilaniato in pezzi che venivano poi gettati in acqua bollente: a fine “cottura” i lembi erano più facili da rimuovere dallo scheletro.
Una volta compiuto ciò, la carne veniva sepolta sul luogo del decesso e le ossa ripulite rispedite in Patria: in questo solo ed unico modo non si correva il rischio di incorrere nel pieno del processo di decomposizione.
Agli occhi di molti, tale processo sembra vero e proprio vilipendio di cadavere: lo stesso Bonifacio la riteneva tale così come la riteneva abominio agli occhi di Dio.
Fu con la De Sepolturis infatti che espresse legalmente la decisione che, qualora si morisse in terra straniera il corpo dovesse essere cremato – incineratis corporibus – senza altre possibilità di trattamento del cadavere.
A quanto pare questa usanza del Mos Teutonicus era già presente nel IX secolo, quando Carlo il Calvo richiese il trattamento di eviscerazione e scarnificazione ma con trattamento di alcol ed erbe aromatiche: in realtà il processo di decomposizione non venne per nulla arrestato e si dovette ricorrere ad una sepoltura laddove effettivamente morì, a Nantua, e non a Saint Denis come richiesto.