A nominarla fa mancare l’aria, letteralmente: è la zona oltre i 7.000 metri oltre il quale non si sopravvive.
Zona della Morte: sembra proprio che, oltre i 7.600 metri sopra il livello del mare, vista la scarsa presenza di ossigeno l’essere umano non possa sopravvivere.
In gergo alpinista essa indica cioè una zona che, a causa dell’altitudine – ai limiti della troposfera – del freddo e del poco ossigeno l’uomo non riesca a vivere se non per pochissimi istanti.
Secondo i dati della EASA – Agenzia Europea della Sicurezza Aerea – il corpo umano, con una presenza pari al 21% di ossigeno quale quello ad elevate altitudini, non riuscirebbe a stare se non per poco tempo in zone di questo tipo, motivo per la quale è necessario per ogni alpinista professionista che si rispetti portare con sè una bombola di ossigeno.
Onde evitare di incorrere nell’ipossia, ovvero la carenza di ossigeno a livello dei tessuti organici in stato acuto o cronico, è bene non rimanere esposti a condizioni non ottimali per la nostra respirazione e funzioni vitali, poichè stando ad alcune fonti, vi sarebbero stati casi di decessi già circa ai 5 mila metri di altitudine.
Questo proprio perchè le cellule iniziano tempestivamente a morire, visto che i polmoni divengono incapaci nel gestire le funzioni dovutamente a insufficiente quantità di ossigeno, diversamente da zone a quota più bassa.
In realtà sembra che già verso i 2.500 metri possano esservi casi di ipossia!
Insomma, per quanto l’uomo possa in qualche modo equipaggiarsi a dovere, non può sopravvivere per più di un certo periodo in zone che vanno contro la capacità umana di vivere e portandolo verso morte certa.