Nato a partire dal XIX° secolo, questo ex ospedale psichiatrico fu tra i più grandi in Italia, rimanendo famoso per l’eccidio avvenuto verso la fine del Secondo conflitto mondiale.
Questo complesso, costruito negli anni ’30 del ‘900, fu uno dei manicomi più estesi del nostro Paese e finalizzato ad ospitare coloro affetti da malattia mentale di varia natura.
Esteso per ben 28 ettari, risulta tra i più grandi in Italia, aveva addirittura una fermata del treno apposita.
Costituito da 20 padiglioni in serie, presenta al centro una piccola chiesetta dove è presente un altare, unico superstite tra calcinacci e rovine di affreschi.
Il padiglione “Carlo Forlanini” risultava essere l’alloggio dove i pazienti dormivano nonchè, secondo fonti tristemente note dove veniva attuata la pratica “curante” dell’elettroshock.
Altri reparti e padiglioni invece, risultavano leggermente più umani, poichè vi si dava la possibilità di svagarsi attraverso una palestra, un’area dove poter rivedere i propri cari, un piccolo auditorium e un’area apposita per i più piccoli.
L’eccidio di Vercelli del maggio 1945
Tra il 12 ed il 13 maggio del 1945, l’ospedale psichiatrico di Vercelli divenne teatro macabro e orribile dell’eccidio ad opera dei partigiani della 182^ Brigata Garibaldi “Camana” che decimarono alcuni militanti della Repubblica Sociale Italiana (RSI), allora incarcerati nel campo di concentramento, ovvero lo stadio di Novara.
Si presume, secondo alcune fonti storiche che le vittime furono tra i 50 ed il 65 militanti, nonostante per diversi anni gli storici abbiano preferito non pronunciarsi in merito alla questione.
Solo i giornalisti, fonti di giustizia, di polizia e parlamentari decisero di affrontare il tema, in un periodo storico che, iniziato dal 1943 poneva al centro una guerra di liberazione da parte dei partigiani a discapito delle camicie nere.
L’eccidio di Vercelli iniziò con il prelievo di alcuni prigionieri dallo stadio di Novara, allora adibito a campo di concentramento.
Il 12 maggio del 1945, dunque alcuni partigiani decisero di prelevare 170 prigionieri fascisti e portali verso Vercelli, proprio entro una zona dell’ospedale psichiatrico: dapprima picchiati ferocemente, taluni vennero fucilati in modo sommario, altri vennero barbaramente trucidati sotto le ruote degli autocarri, altri gettati giù dalle finestre o fatti annegare.
Ad oggi, nonostante si sia riusciti ad ottenere delle testimonianze di alcuni sopravvissuti con la Procura di Torino, sono ignote le vittime esatte dell’eccidio, che ritenne ben oltre le 51.
Secondo le ricerche di alcuni reduci della Repubblica Sociale Italiana, il numero salirebbe alle circa 65 vittime.