Categorie
Cultura miti e leggende Oltre il Velo riflessioni

“Qualcuno è atteso all’inferno” 3° atto

l’Attacco al Pentagono… la farsa infinita

L’11 Settembre 2001 anche il Pentagono è stato oggetto di un “attentato” terroristico. Il volo American Airlines A77 da Washington a Los Angeles, decolla alle 8,21 dall’aeroporto internazionale di Dulles e si dirige subito verso Ovest. Alle 8,51 c’è l’ultima comunicazione di routine con l’aereo, dopodiché i dirottatori si impossessano del Boeing 757 e alle 8,54 fanno compiere all’aereo una virata non autorizzata verso Sud e scompare dai radar. Secondo la famosa versione ufficiale della Commissione americana, da quel momento il Boeing faceva rotta verso il Pentagono. Dopo le 9,00 l’aeroporto di Dulles e quello nazionale di Washington, situato più vicino al centro abitato, sui radar rilevano la traccia di un aereo che viaggiava ad alta velocità e allertano i servizi segreti che un velivolo sconosciuto vola verso la Casa Bianca. Sempre secondo il rapporto della Commissione, il volo A77 in quel momento compie una virata di 270° e, da una distanza di 5 miglia, comincia a puntare verso il Pentagono ad una velocità di circa 530 miglia/h, circa 800 km/h, per poi impattare sull’edificio alle 9,37. Solo in quel momento i centri di controllo del traffico aereo prendono atto che il volo A77 ha colpito il Pentagono.

Per giustificare la mancata intercettazione del Boeing per più di mezz’ora, la Casa Bianca ha sempre sostenuto di averne perso le tracce sin dal momento che fece inversione di marcia. Una tesi smentita dalla deposizione di Norman Mineta, Ministro dei Trasporti, rilasciata nel 2004 davanti a Lee Hamilton, Vice Presidente della Commissione Nazionale Indipendente: “Nel periodo che l’aereo si stava avvicinando al Pentagono, c’era un giovane che ogni tanto entrava e riferiva al Vice Presidente (Dick Cheney): “l’aereo è a 50 miglia”, e poi “l’aereo è a 30 miglia”, e quando è arrivato a 10 miglia il giovane ha chiesto al Vice Presidente: “L’ordine resta immutato?”, e lui ha girato la testa di scatto e ha detto: “Certo che rimane immutato, hai sentito per caso un contrordine?”

Quindi siamo alle solite, non trovate? Hanno mentito, è ovvio, ma a questo punto ci si chiede che tipo di ordine doveva restare immutato fino a quando il Pentagono non fosse stato colpito. Il Generale Larry Arnold, comandante dell’aviazione presso il NORAD, subito dopo l’impatto, diede ordine ad uno dei suoi piloti di caccia di sorvolare il Pentagono e di riferire, a lui personalmente, su tutto ciò che avesse visto. Dopo aver fatto dei giri di ricognizione il Generale venne informato che non c’era nessuna prova che poteva minimamente far pensare all’impatto di un aereo sul pentagono.

Un altro dubbio, che pesa fortemente sull’attendibilità della versione ufficiale, porta a porci una domanda: è possibile orientarsi verso il Pentagono partendo da un punto qualsiasi nei cieli del West Virginia, senza alcun aiuto da terra e districandosi fra una rete di altri voli molto fitta in quel momento della giornata? Un’impresa difficile, se non impossibile, anche per un pilota molto esperto e pluridecorato, figuriamoci se poteva riuscirci Hani Haujour, l’uomo identificato come il terrorista dirottatore alla guida del Boeing. Un incapace totale che a detta del suo istruttore, in un’intervista rilasciata al New York Times, era lo zimbello della scuola di volo per non essere mai stato in grado di pilotare nemmeno un monomotore e né tantomeno aveva mai visto la cabina di pilotaggio di un 757. Ma a volte le risorse di una persona vengono sottovalutate, infatti Haujour, individuato l’obiettivo, scende da 2000 metri di quota con una virata spettacolare di 270° e, ad appena 250 metri dal Pentagono, evitando la segnaletica dello svincolo autostradale, a 800 km/h si mette in parallelo al suolo e vai… entriamo dal piano terra, magari poi prendiamo l’ascensore. Ho scritto “in parallelo”… attenzione, non ha manco toccato terra il nostro pilota fenomeno. Una manovra del genere, fatta con un 757, è stata ritenuta impossibile dalla stragrande maggioranza degli addetti ai lavori; è molto interessante il commento dei controllori di volo che ne seguirono i movimenti sui radar: “La velocità, la manovrabilità, il modo in cui ha virato, nella sala radio abbiamo pensato tutti a un aereo militare, e siamo tutti controllori di una certa esperienza sulle spalle.” Danielle O’Brien – Controllore di volo a Dulles – Novembre 2001

Signori miei, è questa la domanda più importante da porsi e da cui ci si aspetta una risposta ufficiale che potrebbe fare chiarezza su tutta la questione dell’11/9; cosa ha colpito in realtà il Pentagono? In tutta onestà la risposta è chiara, ma evidentemente non potrà essere mai confermata per non fare luce su una scomoda verità che, come tante altre, spesso vengono celate sotto la voce “Top Secret”.

“La versione dei fatti che il Governo ci ha propinato è una completa stronzata, né più né meno. Immaginare che questo presunto aereo abbia eseguito quelle manovre con un perfetto dilettante ai comandi è semplicemente ridicolo.” Cap. Russ Wittenberg – Pilota della US Air Force, PanAm e United Airlines per 30 anni

Il capitano Wittenberg era davvero incavolato, ma credo che era l’unico. Lo spazio aereo di Washington, chiamato P56, è ritenuto lo spazio tra i più controllati del pianeta. Alla base aerea di Handriux, a 15 km da Washington, sono di istanza caccia F-16 ed F-18, inoltre la 113^ Unità Aerea della Guardia Nazionale si trova in una base lungo la costa e poteva inviare dei caccia sul posto in pochissimo tempo. Entrambe le basi erano operative quel giorno, ma nessuna delle due è intervenuta. Ma volendo escludere gli interventi esterni, resta il fatto che il Pentagono stesso dispone di un sistema radar autonomo e di un proprio apparato difensivo, un vera e propria batteria di missili che spuntano dal sottosuolo e attaccano qualsiasi aereo non autorizzato sorvoli lo spazio P56. Come mai nemmeno queste contromisure hanno funzionato? La risposta più ovvia è quella che è stato un aereo militate a colpire l’edificio. Ovvia per una sola certezza… gli aerei militari sono gli unici a disporre di un sistema, chiamato IFF, in grado di inviare un segnale di identificazione “amico o nemico”, e quindi di penetrare nell’area protetta del Pentagono. In pratica c’è stato un vero e proprio black out delle procedure di aviazione civile, militare, P56 e Pentagono, tutte nello stesso giorno e tutte nel bel mezzo di quello che, dopo le ore 9.15, era chiaramente ritenuto un attacco terroristico.

La presenza di centinaia di telecamere in funzione 24 ore su 24, più tutte le altre diavolerie elettroniche preposte alla sicurezza, ci hanno sempre fatto ritenere che il Pentagono fosse il posto più sicuro al mondo.. e probabilmente lo era, e lo sarebbe senz’altro, se gli attacchi non venissero perpetrati dall’interno. Io se volessi rubare in casa mia, saprei come fare a disinserire l’antifurto o un sistema di sorveglianza, o no? Certo non avrei l’autorità come l’FBI, di andare nelle case altrui a sequestrare i nastri delle riprese delle loro telecamere che per puro caso puntano in direzione del mio giardino; proprio quello che accadde all’Hotel Sheraton, alla Società Autostrade e ad una stazione di servizio che avevano le telecamere che puntavano su uno spazio comprensivo quello antistante il punto di attacco del Pentagono. In totale vennero confiscate 86 videocassette, se fosse passato un aereo a filo di terra, nella registrazione di almeno una di esse si sarebbe visto per forza qualcosa che colpiva il Pentagono, e magari si scopriva che non era un Boeing 757 ma un caccia militare, o addirittura un missile alato. Ma purtroppo nessuno ha potuto vedere nulla; nell’unico filmato reso pubblico si vede solo un’esplosione ma della sagoma di un aereo nemmeno l’ombra; giustamente se non c’era l’aereo, cosa vuoi vedere? Nell’attacco alle torri gli aerei c’erano e ce li hanno fatti vedere fino alla noia no? E allora ritorniamo alla famosa domanda… cosa ha colpito il Pentagono? Una parte di testimoni affermarono di aver visto un aereo che portava la scritta America Airlines ma che, per le sue dimensioni, al massimo poteva trasportare 12 passeggeri, era più simile a un caccia militare. Queste testimonianze confermerebbero in pieno la tesi avanzata dai controllori di volo nell’intervista al Washington Post:

“Siamo di nuovo con Nela Sagavedan, per la prossima mezz’ora, Nela è un ingegnere aereonautico, un pilota specializzato in aerodinamica.

– Nela, stavamo parlando di una cosa molto importante. Hai accennato a questo cuscino d’aria che non permetterebbe a un aereo di atterrare quando vola a sei metri da terra a 750 km orari.

– Si chiama “effetto suolo”, ed è maggiore negli aerei a basso carico alare, cioè i grossi aerei con ali grandi. Gli aerei con forte carico alare invece, come i caccia ad esempio, possono volare rasoterra ad altissima velocità perché sono stati progettati per farlo. Ma con aerei come il 757 non puoi farlo. Sfido qualunque pilota al mondo, dategli un 757 e ditegli di volare a 750 km orari, per 600 metri e stando a sei metri da terra.” Nela Sagavedan – intervistato alla radio da Greg Szymansky

E invece, secondo la noiosa versione ufficiale, andando contro le leggi della fisica su vortici e turbolenza, che impediscono a un Boeing 757 di volare rasoterra, per via delle sue dimensioni e del suo basso carico alare, senza il minimo sbandamento l’aereo proseguì dritto la sua corsa contro l’ala del Pentagono, attraversandola come un’entità eterea attraverserebbe un muro, per poi sparire completamente all’interno dell’edificio, senza lasciare alcuna traccia all’esterno.

“Da un mio sopralluogo ravvicinato non c’è nulla che indichi che un aereo si è abbattuto in un qualunque luogo vicino al Pentagono. L’unica zona interessata è la fiancata dell’edificio che è stata colpita. Gli unici rottami trovati sono piccoli abbastanza da poterli raccogliere con le mani. Non c’è nessun grosso pezzo della fusoliera, della coda, delle ali, niente del genere dovunque si guardi.” Jim McIntyre della CNN

In effetti, sul prato antistante il Pentagono, non erano presenti nemmeno le tracce che indicherebbero il passaggio di un mezzo gommato e non solo. Immediatamente dopo lo schianto, gli agenti governativi raccolsero i ridicoli ‘resti’ e li portarono via, dopodiché l’intero prato fu coperto con terriccio e ghiaia in modo tale, che ogni prova legale rimasta, fosse letteralmente ‘insabbiata’. In una foto scattata da un ufficiale dei Marines, subito dopo l’impatto, si può notare un solo foro di entrata nella facciata, non più largo di 4 metri, le colonne ancora in piedi e molte delle finestre adiacenti con i vetri ancora intatti.

È bene sapere che l’apertura alare di un 757 è di circa 40 metri, e se veramente avesse impattato contro la parete durissima del Pentagono, buona parte della sua struttura si sarebbe frantumata all’esterno prima di penetrarla.

Era come un missile Cruise, con le ali: Andava proprio in quella direzione e si è schiantato dritto nel Pentagono. Un’esplosione enorme, una gran palla di fuoco, s’è alzata una colonna di fumo…” CNN News

Ma pur ammettendo, per assurdo, che l’aereo si sia davvero disintegrato sotto le macerie, ci dite almeno dove sono finiti i motori? E qui non potete darci una risposta alla Totò del tipo: “Assieme alle valige”. Un motore di un Boeing pesa minimo 4 tonnellate e non si disintegra nemmeno se precipita da 15 mila metri di quota.

Questo, invece, è il particolare di uno dei ridicoli rottami all’esterno del Pentagono, apparsi dal nulla dopo l’impatto, che viene descritto come il rotore di un motore del Boeing 757. Vi sembra che possa appartenere a un motore Rolls-Royce RB 211?

Le parti di un aereo che difficilmente si distruggo in un incidente sono il carrello e i motori, che sono fatti di un materiale che deve resistere a temperature tra i 2000 e i 2500 °C.” Com.te Giancarlo Tedeschi a Speciale TG1 del 19/02/2006

Sono pienamente d’accordo con Lei, Comandante, come lo sono anche la maggior parte di coloro che umilmente, in tutti questi anni, hanno chiesto di sapere la verità. Ma per anni anche i militari hanno taciuto di fronte alle domande di un sempre crescente numero di persone che contestano, tutt’oggi, la versione ufficiale. Ci sono ancora altre fonti autorevoli che potrebbero darci una mano a capire.

 “Tra le varie esperienze che ho fatto nell’esercito, sono stato il responsabile per l’interpretazione delle immagini di segreti tecnici e scientifici durante la guerra fredda. Io misuravo le varie parti delle attrezzature sovietiche tramite le fotografie. Era il mio lavoro. Io guardo il buco nel Pentagono, poi guardo le dimensioni dell’aereo che avrebbe dovuto colpirlo e dico che l’aereo non ci sta’ in quel buco. Ma allora cosa ha colpito il Pentagono?” Albert Stubblebine – Generale Esercito USA in pensione

È quello che stiamo cercando di capire anche noi, caro Generale, e forse alla fine ci riusciremo.

Ci è stato detto che sono stati in grado di riconoscere i corpi, sia dalle loro impronte digitali che dal DNA, quindi che tipo di incendio riesce vaporizzare l’alluminio, ad indebolire l’acciaio e, comunque, a lasciare intatti i corpi umani? Dr. David Ray Griffin – Autore del libro “The new Pearl Harbor”

Una domanda da un milione di dollari, complimenti Dr. Griffin, ma il Boeing del Pentagono non è, e non resta, l’unico mistero.

Lo schianto a Shanksville

A mancare all’appello, nel giorno dell’11/9, è anche un altro aereo, il volo UD93. Le voci che giravano raccontavano che l’aereo che fosse stato abbattuto nei cieli della Virginia. Le diverse testimonianze, oltre ai rottami e resti umani ritrovati nell’arco di molte miglia, sembrano confermarlo. La stramaledetta versione ufficiale, invece, ha voluto che l’aereo sia stato fatto schiantare al suolo dagli stessi passeggeri in un gesto di eroismo. Anche in questo caso però, l’enorme massa d’acciaio del 757 avrebbe dovuto arrivare a terra integro, per poi esplodere all’impatto e spargere in giro rottami degni, per le loro dimensioni, di appartenere a un Boeing. Invece si pretende che si creda alla versione che tutto l’aereo sia scomparso completamente in una buca larga appena sei metri e lunga quattro, lasciando in giro rottami di natura indefinibile e che non superavano le dimensioni di un mattone da costruzione. I reporter locali, intervenuti appena qualche minuto dopo, trovarono la zona interessata al presunto impatto, già recintata dagli uomini dell’FBI che non lasciavano avvicinare nessuno.

FOX NEWS: Siamo con Chris Paniki, fotografo di Pittsburgh che lavora per la FOX TV, è appena tornato dal luogo dell’incidente. Ho visto le foto che hai fatto e sembra che là non ci sia niente, a parte la buca.

– Si è così. Per quel che siamo riusciti a vedere non è rimasto granché.

– Qualche pezzo di rottame?

– No, non c’era nulla che indicasse che fosse da poco caduto un aereo.

– Fumo, fiamme?

– Niente. Tutto era assolutamente tranquillo.

– Secondo te quanto era grande la buca?

– A occhio mi è sembrata di circa 7 metri di larghezza e 4 di lunghezza.

Quindi tutto fa sospettare che, per l’occasione, sia stata approntata un’esplosione a terra, piena di ferraglia qualunque, per simulare un impatto al suolo. Inoltre la mancanza di rottami fa seriamente pensare che l’aereo sia stato colpito in volo. Altre testimonianze sembrano confermare e dare corpo a questa teoria.

“Ho cercato tutte le informazioni che ho potuto e ho subito capito che c’erano molte cose che non quadravano con la caduta del volo AD93. Ad esempio il fatto che dei rottami siano caduti in un lago che si trova a 2 miglia di distanza, proprio mentre l’aereo si schiantava. Oppure il fatto che dei frammenti più leggeri, come la posta che viaggiava nel cargo, sia stata ritrovata fino a 8 miglia di distanza.”  Il Capo redattore del Philly Deily New

 “Stavamo seguendo gli eventi alla TV e la corrente si è messa a tremolare, più o meno nel momento in cui abbiamo sentito il rombo dei motori. Siamo corsi fuori e, in quel momento abbiamo sentito il terreno tremare, poi abbiamo sentito un gran boato e visto una enorme palla di fuoco in aria. Siamo arrivati circa 1 minuto dopo sul posto, prima dei pompieri o di qualunque altro soccorso, e c’era un aereo che volava sopra di noi. È stato furbo, si è allontanato in direzione del sole, in modo da impedirci di vedere se si trattava di un caccia o altro tipo di aereo. L’abbiamo visto di scorcio mentre virava e stava viaggiando praticamente nella stessa direzione dell’aereo abbattuto. In seguito stavo parlando con un tipo e gli raccontavo che eravamo lì quando l’aereo è caduto, e che le luci nell’ufficio hanno iniziato a tremolare. Un’altra persona davanti a me, un ex pilota militare, appena mi ha sentito mi ha interrotto dicendomi: “Io sono un ex pilota, e quell’aereo è stato abbattuto.” Io gli chiedo il perché e lui:” Perché quando le luci in casa tremolano, vuol dire che hanno accecato tutte le frequenze radar, prima di sparare. Ecco perché la corrente si è messa a tremolare, non ha tremolato per l’impatto.” Manager della Indian Lake Marina

Ora signori miei, almeno per quel che mi riguarda, è importante essere arrivati alla conclusione che il volo AD93 sia stato abbattuto, ma se nel frattempo ci si preoccupava di simularne il suo schianto a terra e in un punto preciso, motivato da un atto di rivolta dei passeggeri nei confronti dei dirottatori, vuol dire che il destino del Boeing era già stato scritto. Quindi diventa ancora più importante chiedersi: chi sono stati gli artefici di questa profetica messinscena ai danni di gente innocente?

“Il vostro Governo vi ha tradito.. e io non faccio eccezione.” Richard Clarke – ex capo dell’antiterrorismo, liquidato da Bush poche settimane dopo l’11 Settembre

Questa è la dichiarazione più bella e più trasparente che io abbia trovato, una persona che ha avuto il coraggio di denunciare anche se stesso. Per Clarke e per tutti coloro che non hanno avuto remore ad esporsi in prima persona nel raccontare e testimoniare in favore della ‘Verità’, da parte di tutti noi e d’obbligo un inchino e una standing ovation… sono un atto dovuto.

L’11 Settembre è stata un’operazione “Flash Flag”, un’azione rapida, tanto eclatante da abbagliare la mente per poterne lasciare il segno e sembrare una cosa reale per quello che appare, ma falsa per quello che c’è dietro. Un’azione finalizzata a ottenere il consenso popolare alla raccolta delle risorse economiche necessarie per l’implemento di un nuovo scenario di mobilitazione imperialista. Se mi state accusando che durante la stesura di questo articolo ero in stato confusionale, la risposta è sì… o meglio, a parte il rapporto della Commissione Parlamentare 911 che, per i suoi contenuti e motivazioni, sembra essere stata scritta per un popolo di ignoranti, la confusione maggiore mi ha assalito quando ho cercato di darmi delle risposte a domande del tipo: l’America era ed è la nazione più potente e più protetta al mondo per i suoi efficienti sistemi di controllo e di attacco, visibili e invisibili, o faceva e fa finta di esserlo? L’Italia è davvero un paese sovrano o non lo è mai stato? Insieme ad altri popoli, siamo davvero in democrazia o siamo soltanto parte di un progetto ben definito con ruoli molto marginali? Badate che è una cosa seria, non vi nascondo che nel momento in cui mi informavo su fatti come l’11 Settembre, leggendo documenti, ascoltando testimonianze e guardando video, in primo luogo mi veniva da piangere ma la situazione si alternava a momenti di risate a denti stretti, a un nervoso tale da sentirlo nello stomaco e con le palpebre che mi si socchiudevano per acutizzare e mettere a fuoco la vista e la comprensione su quello che vedevo e ascoltavo come per dire… ma questi che cazzarola vanno raccontando? È chiaro che stavano offendendo la mia intelligenza, ed è altrettanto chiaro che c’è qualcosa di profondamente marcio in questo mondo, e su questo non so quanti di voi possano essere in disaccordo.

Oggi più che mai abbiamo un disperato bisogno di riscoprire il valore autentico dello stare insieme, lontano dalle manipolazioni della realtà virtuale e dall’abbacinante spettacolo mediatico, strumenti sempre più utilizzati per controllare, dividere e anestetizzare le coscienze. In un mondo in cui gli eventi sembrano spesso essere orchestrati a tavolino da governi senza scrupoli, disposti a sacrificare vite umane per tornaconti politici ed economici, il valore della vita stessa si è drammaticamente inflazionato. L’essere umano non è più un fine, ma un semplice ingranaggio, una variabile sacrificabile in un gioco di potere che si nutre di paura, destabilizzazione e consenso costruito ad arte. L’apparenza ha sostituito la sostanza, e il consumismo ha rimpiazzato ogni valore morale e spirituale. Eppure, proprio in questo scenario oscuro, diventa essenziale fermarsi a riflettere sul nostro percorso evolutivo, biologico e culturale, per riconoscere i segnali, per quanto deboli, di una possibile rinascita. Solo riscoprendo la dimensione comunitaria, recuperando la capacità di pensare in modo critico e di agire collettivamente, potremo contrastare questa deriva e restituire dignità alla vita umana, sottraendola alla logica spietata del potere e del profitto.

Concludo con un invito a rivolgere sempre un pensiero a tutte le persone il cui proprio destino, in un determinato momento del loro percorso di vita, è stato deciso contro la propria volontà da altri propri simili.

Di Nino Colonna ... L'eretico dell'invisibile

L’autore si delinea come una mente curiosa, libera da dogmi e imposizioni, che non si accontenta delle spiegazioni preconfezionate fornite da religioni, istituzioni o dalla stessa scienza quando si chiude di fronte all’ignoto. Definirsi "l'Eretico dell'Invisibile", è già una dichiarazione di intenti.. quella di andare oltre ciò che è dato per scontato, oltre le narrazioni costruite per mantenere un certo ordine sociale e intellettuale, oltre le verità imposte che nel corso dei secoli hanno modellato la percezione della realtà.
È evidente che l’autore non si limita ad un singolo ambito di ricerca, ma spazia tra spiritualità, mistero, fenomeni paranormali, storia e geopolitica, affrontando tutto con uno sguardo critico e analitico.
Ma non c’è solo il mistero a guidare ad alimentare la sua curiosità. C’è anche la consapevolezza che la storia, così come ci è stata raccontata, è spesso il risultato di una narrazione costruita, a proprio uso e consumo, dai ‘vincitori’. Anche se gli dedichiamo strade e piazze, gli eroi non sempre sono tali, le guerre non sono mai mosse da ideali puri, le istituzioni hanno intrecci con il potere economico e religioso che sfuggono allo sguardo della massa. L’autore si pone, dunque, come un investigatore dell’invisibile, colui che scava sotto la superficie per portare alla luce le contraddizioni e le ombre della storia e della società contemporanea.
Dietro l’Eretico dell’Invisibile, dunque, si cela una figura in bilico tra lo studioso e il ricercatore indipendente, qualcuno che non si accontenta di sapere, ma che è consapevole dell’importanza del "Sapere di non Sapere".

Pinterest
Pinterest
fb-share-icon
LinkedIn
LinkedIn
Share
Instagram