Capitolo 8 – il Dialogo della Distruzione
Io sono il Vento, sempre in movimento, senza meta né destinazione. Non posso fermarmi, non posso riposare. Ho visto il mondo in tutta la sua bellezza, ma anche in tutta la sua fragilità.
Sono testimone di ogni battito della natura, di ogni ciclo che si ripete. Oggi, però, non mi trovo di fronte ad uno dei miei soliti compagni di viaggio, come le Nuvole, o il Mare. Oggi però è diverso. Oggi c’è una presenza che sento ardere anche prima di avvicinarmi… il Fuoco.
Lo riconosco subito. Lo sento prima ancora di vederlo. È feroce, selvaggio, eppure c’è una strana attrazione tra noi.
Io, che sono aria in movimento, lo alimento, lo porto con me. Lui, che è luce e distruzione, cresce grazie al mio soffio. Eppure, non ci siamo mai parlati. Fino a oggi.
Mi avvicino a lui con cautela. So quanto può essere devastante il nostro incontro. Quando io e lui ci uniamo, il mondo trema. Le foreste bruciano, le città cadono in cenere. Non è mai una danza pacifica tra noi. Eppure, oggi voglio parlare, capire.
“Fuoco,” gli sussurro avvolgendolo, sentendo il suo calore che cerca di afferrarmi, “perché esisti? Qual è il tuo scopo? Sei solo distruzione, o c’è altro dietro la tua furia?”
Il Fuoco ruggisce, crepitando nelle fiamme, ma non si tira indietro. È orgoglioso, audace. La sua voce è come il crepitare della legna, rovente, tagliente.
“Ah, Vento, mio eterno alleato e nemico. Tu mi porti ovunque, mi rendi più forte, e allo stesso tempo mi temi. Mi chiedi perché esisto? Io sono potere. Io sono ciò che trasforma. Non sono solo distruzione, sono cambiamento. Ogni volta che consumo qualcosa, ciò che tocco rinasce in una nuova forma.”
Rifletto sulle sue parole. È vero, dove il Fuoco passa, nulla resta immutato. La terra bruciata può rinascere più fertile, eppure non posso ignorare le sofferenze che lui causa.
“Ma quante vite hai reclamato, Fuoco? Quante città hai ridotto in cenere? Hai lasciato dietro di te solo desolazione e dolore. Questo lo chiami cambiamento?”
Le sue fiamme s’innalzano, come se la mia domanda l’avesse irritato. Ma poi, con un crepitio più basso, risponde.
“Non mi interessa il dolore. Io non giudico come fai tu, Vento. Io sono forza pura, non conosco pietà. Il mio scopo è bruciare, consumare. Non sono io a iniziare i disastri. È l’uomo che mi accende, che gioca con me come se potesse controllarmi. Sono loro a essere stupidi, non io. Non dimenticare però le tue responsabilità, Vento, sei tu che spesso dai ossigeno alle mie fiamme. Non siamo poi così diversi.”
Le sue parole sono vere, ma mi infastidiscono. È vero, spesso io lo alimento. Quando soffio su una scintilla, posso trasformarla in un inferno. Ma non è intenzionale, non è per scelta. Io passo, lui divampa. C’è una differenza, e io la sento.
“Non siamo uguali. Io passo ovunque, senza voler distruggere. Tu, invece, bruci fino a che non resta nulla. Sei una forza che l’uomo crede di poter controllare, e quando ti sfugge.. ormai è troppo tardi.”
Egli ride, una risata distorta, stridente. Le sue fiamme guizzano, e posso sentire il calore farsi più intenso.
“E pensi che sia colpa mia? Gli uomini sanno bene a cosa vanno incontro quando mi invocano. Loro accendono i fuochi, pensano di potermi tenere nelle loro mani. Ma basta un soffio, un tuo soffio, Vento, per ribaltare tutto. Non capiscono che io sono vita e morte insieme. Quando mi alimenti, io cresco, e ciò che muore per mano mia spesso rinasce più forte. La foresta bruciata, Vento, rinascerà. La terra nera sarà fertile.”
C’è una verità nelle sue parole che non posso negare. Il Fuoco, per quanto feroce, non è solo distruzione. Anche lui, in qualche modo, crea qualcosa di nuovo. Ma non posso dimenticare ciò che ho visto, il dolore che ha lasciato dietro di sé.
“Ma a che prezzo, Fuoco? Le foreste che hai ridotto in cenere, le vite spezzate. Hai visto le città che hai distrutto, gli animali che hai incenerito. Perché non puoi controllarti? Perché devi sempre divorare tutto?”
Lui crepita ancora, le fiamme si muovono più lentamente, quasi riflessive.
“Io non posso fermarmi, come tu non puoi fermarti. Non sono nato per scegliere. Come te, io sono una forza della natura, inarrestabile. Ma non sempre sono il nemico. Ti ricordi quei freddi inverni, Vento? Quando l’uomo ha acceso il fuoco per scaldarsi, quando i miei caldi abbracci hanno salvato vite dalla tua gelida morsa? Non sono solo distruzione, Vento. A volte, io sono ciò che tiene in vita.”
Le sue parole mi colpiscono come un soffio gelido. È vero. Il Fuoco ha salvato tante vite, riscaldando chi si è rifugiato dal mio freddo. Eppure, non riesco a dimenticare quelle volte in cui è sfuggito al controllo, quelle volte in cui insieme abbiamo scatenato tragedie.
“E quando diventi troppo grande? Quando non sei più la fiamma del focolare, ma una bestia indomabile? Ho visto case ridotte in cenere, boschi cancellati dal tuo passaggio. Hai bruciato campi coltivati, distrutto vite. È questo che intendi per cambiamento?”
Le fiamme si alzano di nuovo, e sento la sua rabbia crescere. Ma poi, sorprendentemente, si ritira. Le sue parole ora sono più calme, quasi dolorose.
“Non sono io a volere tutto questo. Quando mi chiamano, devo rispondere. Quando mi sfidano, devo rispondere. L’uomo gioca con me, mi accende per gioco o per bisogno, e poi mi abbandona. Sono loro che non capiscono. Pensano che io sia una forza da comandare. Ma non possono. E tu lo sai, Vento. Loro non capiscono mai. Sono loro che portano la tragedia su di sé. Non io. Io sono ciò che sono. È l’imprudenza, la stupidità dell’uomo che scatena il peggio in me.”
Quelle parole risuonano in me. Il Fuoco ha ragione. Non è lui il vero colpevole. L’uomo lo accende, credendo di poterlo controllare, e poi, quando divampa, fugge, incapace di fermarlo. È un gioco pericoloso, e l’uomo non ne comprendere le conseguenze.
“Forse hai ragione. L’uomo non capisce. Gioca con te, e poi si meraviglia quando tu sfuggi al suo controllo. Ma io non posso ignorare ciò che ho visto. Le foreste che bruciano, le case che crollano. Anche se non è solo colpa tua, non posso restare indifferente.”
Il Fuoco crepita, ma ora è meno feroce, quasi rassegnato.
“Non ti chiedo di restare indifferente. Io non cerco giustificazioni, Vento. Io esisto. Come te, seguo la mia natura. L’uomo ha scelto di giocare con me, e ne paga il prezzo. Ma non sono solo distruzione. Sono anche luce, calore. Sono potere, se usato con saggezza. È questo che devono imparare.”
Sento il suo calore ritirarsi leggermente, e capisco che il nostro incontro sta giungendo al termine. Non abbiamo risolto tutte le questioni, ma c’è una verità che emerge dalle sue parole. Il Fuoco non è malvagio. È forza, è potenza, ma anche cambiamento. È l’imprudenza umana a scatenare le tragedie, non solo la sua furia.
“Forse, Fuoco, tu hai più saggezza di quanto io pensassi. Noi continueremo a soffiare e ad alimentare le tue fiamme, ma forse, un giorno, l’uomo imparerà a rispettare la nostra forza. Fino ad allora, continueremo a osservare, testimoni silenziosi delle loro scelte.”
E lui, ormai placato nella sua danza di fiamme che si abbassano lentamente, emette un ultimo crepitio, quasi come un sospiro.
“Sì, Vento. Forse un giorno capiranno. Fino ad allora, io brucerò, e tu soffierai. Insieme, anche senza volerlo, plasmeremo il mondo.”
Il nostro dialogo si dissolve nell’aria calda che ancora fluttua tra di noi. Per un momento, ci siamo compresi, anche se non ci siamo del tutto scusati. Io, il Vento, sono destinato a passare su ogni cosa, portando con me sia vita che distruzione, senza mai fermarmi. Lui, il Fuoco, brucerà ogni volta che gli sarà dato il via, trasformerà ciò che tocca e lascerà cicatrici sul mondo.
Eppure, entrambi sappiamo che non siamo i veri colpevoli. Ciò che accade non è sempre deciso dalle nostre mani invisibili, ma da coloro che credono di poterci usare. Gli uomini, con la loro imprudenza, la loro arroganza e la loro incoscienza, sono i veri artefici delle tragedie che noi portiamo a termine.
“Non possiamo fermare il nostro corso, Fuoco. Ma possiamo sperare che un giorno, quelli che ci accendono e ci sfidano comprendano ciò che noi sappiamo già: non si può giocare con le forze della natura senza pagarne il prezzo.”
Il Fuoco scompare, consumando l’ultimo frammento di legno. Io riprendo il mio viaggio, lasciando dietro di me il suo calore che lentamente si spegne nella cenere.
E così continuo, ancora una volta, a soffiare sopra il mondo. Ma stavolta, con il ricordo del nostro incontro impresso in me, so che non sarò mai solo in questa eterna corsa. Il Fuoco è lì, nascosto da qualche parte, pronto a riaccendersi. Io continuerò a portarlo, a temerlo, a rispettarlo. Perché anche lui, come me, è parte di un equilibrio che l’uomo, un giorno, forse capirà.
segue (….) – Io e le creature invisibili