Il videogioco è tra i primi mezzi attraverso cui si viene a contatto con la morte in modalità per l’appunto virtuale: in realtà per anni ha in qualche modo allontanato dai giocatori il concetto stesso di morte reale, per come essa è cioè nel mondo vero e della vita quotidiana.
Chi non ha mai usato un joystick, una consolle per addentrarsi nelle trame più paurose e sconvolgenti, fossero a sfondo bellico o a tu per tu con fantasmi e zombie?
La morte, ebbene, è riuscita a penetrare (e questo un po’ dai suoi esordi) nel mondo virtuale in particolar modo in quello dei videogiochi, dove il protagonista deve imbattersi in combattimenti o l’uccisione di mostri per salvare la propria “vita”, seppur virtuale.
Questa idea di trapasso è per l’appunto un qualcosa che va oltre, che non ha nulla a che vedere con la realtà (reale) del qui ed ora, di ciò che effettivamente la morte è per un essere umano nel suo quotidiano.
In realtà, recentemente, soprattutto negli Stati Uniti si è sviluppato un movimento specifico atto a naturalizzare la morte per viverla per quello che effettivamente è: un fatto universale, naturale e che ci accomuna nel nostro destino, senza distinzione alcuna.
Questo movimento, denominato Death Positive tra le sue sfumature ha proposto infatti una serie di videogames che possano aiutare – sin dalla tenera età – ad accogliere il concetto di morte in modo meno traumatico, sincero e in un modo sempre più facile da comprendere soprattutto per i nativi digitali.
Eccone alcuni come esempio:
The Graveyard (Il cimitero): già progettato nel 2008, questo videogioco propone un’interazione in tempo reale e affronta la tematica del fine vita. IL giocatore prende le parti di una signora anziana che passeggia in un camposanto, al fine di giungere ad una panchina
Gravity’s Ghost (Il Fantasma gravitazionale) risale al 2015 è utilissimo per spiegare il Pet Grieg, ovvero la morte dell’animale. La protagonista è una ragazza fantasma che interagisce con gli spiriti di alcuni animali affrontandone cioè la morte. Utile per riflettere sulla vita e sulla morte tenendo conto di ogni singola forma di vita.
A Mortician’s tale (Il racconto di un Impresario funebre): sicuramente è il gioco che più aiuta a capire quale sia effettivamente la giornata lavorativa di un impresario funebre. Nato nel 2017, vede come protagonista Charlie, un operatore funebre che prepara le salme per l’esposizione – attraverso la prassi dell’imbalsamazione passo passo – e per la cremazione, controlla le email e organizza i servizi della Rose and Daughters Funeral Home di Toronto!
That Dragon, Cancer (Quel Drago, il Cancro), è un vero e proprio viaggio nella storia di Joel Green, un uomo a cui venne diagnosticato un tumore terminale deceduto nel 2014 dopo anni di terapia. La particolarità sta proprio nella straordinaria interattività che il giocatore vive nell’esperienza del videogioco, potendo cioè provare le stesse emozioni e sensazioni che lo stesso Joel provava in terapia.
Felix the Reaper: dalle sfumature romantiche, narra la storia di Felix, un “mietitore” – richiamando all’immagine più famosa della Morte con la sua falce -che lavora al Ministero della Morte, innamorato di Betty, una dama che però lavora al Ministero della Vita. Felix, intenzionato a farla innamorare a sua volta, imparerà a danzare, coinvolgendo il giocatore nella danza della vita..e della morte.
Narrare la morte attraverso i videogames può essere un modo per diminuire l’ansia legata ad essa, trovare cioè un’alternativa per controllare le proprie paure in modo interattivo, creativo per mezzo della realtà virtuale.